La stesura di questa teoria è stata descritta servendosi della logica geometrica anziché di quella matematica. Un po’ come si fa in chimica prima l’analisi qualitativa e poi quella quantitativa. E’ difficile provare la sua validità, la sperimentazione a livelli di scala così bassi è un’impresa assurda, non esistono macchine capaci di misurare la materia allo stato puro, prima cioè che diventasse fotone.
La teoria tuttavia segue la logica della geometria anziché quella matematica. Un po’ come si fa nel laboratorio di chimica quando, nel cercare il nome dell’elemento si adoperano diversi reattivi ad intuito o a probabilità. La linea geometrica permette di ottenere figure, visibili composizioni tridimensionali variegate, fino a costruire probabili particelle tipo, come fotoni, neutrini. Particelle fondamentali, per la costruzione di elettroni quark protoni e neutroni. Bisogna tener presente che il fotone (se avesse veramente massa), sarebbe l’unità di misura della materia ma la sua onda di luce è centinaia di migliaia di volte più grande di un atomo. E’ un paradosso che non spiega l’ambivalenza materia-onda. La materia fotonica deve avere una valenza vibrazionale di tipo espansiva, cioè appena si stacca dalla collocazione massiva si espande alla velocità della luce e s’ingrandisce al quadrato della luce guadagnando circa 25 zeri ma trasformandosi in onda secondo la formula di Heinstein E=mc2.
Purtroppo non si sa se un’onda elettromagnetica così generata possa ritornare ad essere in futuro ancora materia in una fase di big crounc.
Molti argomenti presi da diverse angolazioni saranno ripetuti perché a partire dalla materia pura del Big bang la massa passa in modo graduale a formare le stelle, le radiazioni, le particelle, i quark, i gluoni, gli elettroni, i protoni, i neutroni, gli atomi, infine tutti gli elementi chimici e finalmente i Pianeti.
La vita avviene in modo casuale ma è scritta nella forma della materia che vibrando detta le regole del DNA.
La teoria che qui appresso si descrive in realtà sostiene la presenza di un fotone ambivalente a doppio dipolo uno magnetico ed uno elettrico nella forma poliedrica più discussa del mondo: il poliedro triangolare a quattro facce, quello della geometria euclidea della scuola Pitagorica. In questa forma la scuola Pitagorica vedeva la sublimazione di tutte le arti, il pilastro fondamentale per lo sviluppo di tutte le scienze, prima fra tutte la geometria. Tre lati per triangolo, quattro facce, sei lati. Una combinazione dei numeri 3 – 4 – 6 che si ritrovano nel campo della scienza in modo incisivo, basta pensare ai tre colori che danno insieme ai relativi sei colori fondamentali. Il cubo con sei facce e 12 lati, la musica con sei note fondamentali e sei semitoni, i suoi accordi con un minimo di tre note, la sfasatura armonica tre + quattro per ottenere sette note. Sistema questo che ha permesso l’elaborazioni degli accordi altrimenti impossibili in un sistema simmetrico (tipo i tasti del pianoforte. Con la somma 1+2+3+4 si ottiene il 10.
Ma torniamo al nostro doppio dipolo eccolo:
Questa forma ha stabilità di forma sia nello spazio che nelle costruzioni geodetiche. La potenzialità di assemblarsi con tanti pezzi uguali e formare un icosaedro, formando così una prima bozza di sfera. Questa forma inoltre è la prima forma geometrica ad occupare lo spazio e a dare la possibilità alla mente di concepire il concetto di massa.
E’ proprio per questo che la massa si differenzia dallo spazio, l’una disordinata nel suo principio geometrico, e l’altra (lo spazio) concettualmente ordinato con sei direzioni fondamentali. Se le linee di giunzione dei quattro punti del poliedro, cioè i lati, avessero la caratteristica delle famose stringhe già teorizzate avremmo un poliedro elastico col potere di accumulare energia per la spinta propulsiva fotonica. Un vago tentativo di sposare le due teorie. Una sola cosa le disaccorda: il tempo, perché la teoria delle stringhe sembra essere nata proprio per cavalcare il tempo in avanti e indietro.
Quando Heinstein descrisse la famosa curvatura dello sazio non intendeva inserire il tempo, ma qualcuno ha voluto teorizzare la meccanica quantistica ed allora tempo e spazio hanno creato ragionamenti filosofici. Beninteso non ce l’ho con la meccanica quantistica ma il tempo ha creato tanta confusione.
L’uomo ha una voglia spasmodica di ingannare il tempo, trovare scorciatoie temporali per viaggiare nello spazio e raggiungere le stelle.
Il fine che Dio ha dato all’uomo è quello di ammirare l’universo, conoscerlo ed anche esplorarlo ma senza per questo sacrificare la sua vita in viaggi senza fine. Che senso ha inviare un’astronave ad esplorare la nostra galassia se poi non possiamo conoscere il risultato della missione?
Con questo voglio dire che l’uomo deve puntare sulla velocità iperluce e non deve perdere tempo col tempo a studiare il modo per ingannarlo, bisogna trovare invece una scorciatoia spaziale. Einstein ha teorizzato la curvatura dello spazio per giustificare la stabilità dei pianeti. Il solo obiettivo che l’uomo deve avere è quello del superamento della velocità della luce. Il muro di trecentomila km al secondo che il fotone subisce è solo un inganno matematico, evidentemente la formula vale solo per le onde elettromagnetiche che per risonanza impattano le onde quantiche frenando la loro corsa. La massa invece viaggia in modo lineare, contraendosi. La formula con cui Einstein teorizza l’impossibilità di superare la velocità della luce può valere per il fotone elettromagnetico ma non per la sua massa o le particelle più grandi. E’ possibile che con l’aumentare della velocità la massa si contrae e se la stabilità molecolare degli oggetti o della futura navicella spaziale reggerà la compressione allora aumenterà anche la forza di coesione molecolare e se ancora si otterranno rimpicciolimenti spinti, non faranno più paura ne asteroidi ne comete ne pianeti perché saranno attraversati e perforati come burro. Se invece questo non sarà possibile allora il problema più grande semmai si superasse la velocità della luce è rappresentato dalla impossibilità di avvistare ostacoli nello spazio davanti alla astronave. L’iperspazio sarebbe troppo buio o troppo luminoso per essere osservato, comunque è roba da fiction una sorta di spazio parallelo senza materia. Dunque gli scienziati dovrebbero capire che prima di parlare di velocità super luce bisogna trovare un modo più veloce di comunicare.
Il campo gravitazionale per esempio sembra istantaneo come mezzo di comunicazione ma non si conosce il modo di modularlo e per usarlo. Bisogna costruire una macchina a modulazione gravitazionale e ascoltare l’universo. Dopo, possiamo pensare a costruire macchine a velocità superluce o macchine per comprimere la materia. Preferisco vaneggiare in questo senso che parlare di spazi temporali.
Nella fisica si cerca una teoria che unifichi le quattro forze dell’atomo e cioè:
A) La forza elettrica degli elettroni
B) La forza debole delle particelle più piccole
C) La forza forte dei protoni
D) La forza gravitazionale.
Le prime tre sono state spiegate e collocate, non si riesce a collocare invece la forza gravitazionale perché essendo molto debole non si capisce la sua funzione di interazione all’interno dell’atomo.
La prima cosa da fare è eliminare il concetto, che i quanti sono livelli energetici costruiti dagli stessi elettroni col ragionamento della meccanica quantistica e le funzioni matematiche di Richard Feynman.
La seconda è unificare il concetto che all’interno dell’atomo, di qualsiasi atomo vi è un campo elettrico e un campo magnetico mentre il campo gravitazionale è tipico di ogni particella di massa ed ha solo la caratteristica che è sommabile a tutte le particelle dell’atomo e non è influenzabile dai campi elettrici e magnetici. Le onde di compressione universali trattengono la massa all’interno dei quanti (quelli chimici) costruendo l’atomo. Il nucleotone al centro esatto nell’anonimato più assoluto cede i pezzi di ricambio ai quark ai protoni ai neutroni. Cosi che fasci di energia di materia densa ristabilizzano gli elementi chimici. Forse il nucleotone è proprio il bosone di Higgs
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La scienza degli ultimi secoli ha deviato per errore o per superficialità un concetto fondamentale della geometria tridimensionale. Secondo il modello della fisica scolastica, per tridimensionalità si intende l’osservazione spaziale di un campo con l’aiuto di tre rette passanti per un punto e posizionate ad angolo retto l’una dalle altre.
Questo perché lo studio della geometria degli assi cartesiani e della trigonometria ha coinvolto la matematica, allontanando dalla mente la realtà spaziale pura: i solidi geometrici.
Con questo non si rinnegano gli studi matematici da essi derivati. Ma la perdita del concetto fondamentale della dimensione o delle dimensioni. Se tre rette passanti per un punto formano tre dimensioni allora infinite rette formano infinite dimensioni. Invece il concetto dimensionale è legato all’occupazione dello spazio, ci vogliono quattro punti per occupare uno spazio.
Questo vale anche per la massa o per la più piccola particella che io credo sia il fotone.
Il poliedro triangolare rappresenta la prima forma spaziale.
La sua forma rende l’idea della massa, ovvero della materia che occupa uno spazio definito. La tridimensionalità che oggi riempie i libri di scuola è la profondità di campo, cioè la necessità del disegnatore di ottenere un effetto di campo spaziale ed una visione da due punti di vista. Si dice che una retta ha una dimensione, una superficie due dimensioni e un solido tre dimensioni. In sintesi una retta per una dimensione, due rette per la seconda dimensione e tre rette per tre dimensioni.
Un concetto anche veritiero ma non spiega la struttura dimensionale perché tre rette che passano per un punto o partono da un punto hanno un’origine ben definita e vanno all’infinito non incontrandosi mai e non occupano mai una dimensione semmai sono solo una dimensione per volta e possono essere infinite.
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Il concetto che vorrei trasmettere è che ogni dimensione occupa una parte dello spazio. Una dimensione sola si può ottenere con un punto definito, questo punto non è infinito nel microcosmo ma definito nel punto stesso oltre il quale non esiste altro spazio. Se questo concetto non fosse vero allora nemmeno il big bang non è mai avvenuto e la stessa materia che conosciamo non aveva bisogno di occupare questo mondo perché nell’infinitamente piccolo ci stava comunque larga.
Non aveva cioè il bisogno di esplodere per espandersi.
Prima di leggere a fondo questa nuova teoria dovete tener presente che le dimensioni sono quattro: Un punto una dimensione, due punti una distanza, tre punti una superficie con tre distanze, quattro punti quattro dimensioni con sei distanze. Nel poliedro così ottenuto, si muovono i punti del solido ottenuto che avrà uno spazio da dominare e da occupare. Il poliedro come massa può stare lì fermo per miliardi di anni ma non sarà mai influenzato dal tempo, perché il tempo non è una entità fisica ma una derivata della materia nello spostamento spaziale.
Il tempo entra in gioco non appena si considera una seconda particella o un secondo poliedro.
Una particella da sola tende ad implodere su se stessa quasi non sopportasse l’idea della solitudine ma in presenza di un’altra particella vuole implodere con essa.
Si ha così l’idea del tempo, – quanto impiegherà la particella ad unirsi?- La distanza quindi è la dominante del tempo, se non ci fosse la materia che si muove, il tempo non avrebbe senso. Con una sola particella quadridimensionale il tempo dunque non ha senso e non ha concetto, ma appena appare una seconda particella ecco che il tempo diventa una necessità e una deduzione ma non ci sono parametri comparativi ed il tempo non prende forma. Solo un concetto di paragone potrebbe far nasce il concetto di tempo. Immaginiamo allora tre particelle nello spazio, abbiamo dato per scontato che le particelle tendono ad implodere su se stesse e in direzione delle altre particelle. Se una particella si unirà prima della seconda alla terza particella allora la seconda particella può pensare di essere arrivata in ritardo. Colpa del tempo, della velocità o delle distanze diverse? Credete che variando il tempo si può modificare l’evento? Ho i miei giusti dubbi.
Mentre invece l’unico modo per cambiare l’evento è modificare la velocità di una delle particelle e l’evento può essere cambiato. Agire sullo spazio significherebbe non influenzare il rapporto delle tre particelle a meno che Heinstein curvasse lo spazio da un’altra parte. Curvare lo spazio significa però posizionare un’altra particella ed inficiare l’esempio considerato.
Da questa analisi si deduce che la velocità è l’unica via da seguire, il tempo è solo un concetto virtuale.
Il tempo è immutabile ma si può ingannare con la velocità, e solo la velocità può dominare lo spazio e il tempo. Ma lo spazio è a sua volta dominato da un’onda tridimensionale cosmica che lo comprime e lo decomprime violentemente la cui frequenza genera i quanti sferici che in seguito saranno occupati dagli elettroni.
Questo avverrà dopo, come spiegherò con la fusione nucleare, nelle stelle. La forza gravitazionale ha una sequenza matematica logaritmica, aumenta sommandosi e sommandosi si contrae, fino a creare buchi neri, freddi e compatti.
I buchi neri sono pile energetiche in versione meccanica caricate a molla dalla gravità, se raggiungono una grandissima massa e una grandissima densità esplodono e ridanno indietro l’energia che hanno accumulato. Il solo caso conosciuto è quello del Big bang del nostro universo. Ma ciò non toglie che le galassie non siano esempi di big bang in versione piccolina.
BUONA LETTURA.
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